12 febbraio 2011

Recensione - I Soliti Sospetti

"La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui non esiste, e come niente.. sparisce."

Trama

| Nel porto di Los Angeles esplode una nave sospettata di trasportare droga. L’intero equipaggio risulta morto, tranne Verbal Kint (Kevin Spacey), uno zoppo truffatore che verrà condotto al dipartimento di polizia per ritrovarsi poi interrogato dall’agente di polizia doganale David Kujan (Chazz Palminteri), il quale non crede alla storia raccontata dallo zoppo al procuratore distrettuale e vuole scoprire la verità, soprattutto riguardo all’ex poliziotto corrotto Dean Keaton (Gabriel Byrne), che si sospetta essere morto nell’esplosione.

Sarà proprio Verbal a raccontare la storia, a partire dal confronto all’americana avvenuto nel dipartimento di polizia di New York, durante il quale sia Keaton, sia lo zoppo vengono imputati per il furto di un camion pieno di fucili insieme agli altri protagonisti della vicenda: i ricettatori Ray McManus (Stephen Baldwin) e Fenster (Benicio Del Toro) e lo scassinatore Todd Hockney (Kevin Pollack).

Verbal racconterà all’agente Kujan del colpo fatto dai cinque al “servizio taxi” della polizia di New York, del furto ad un commerciante di gioielli, dell’incontro in California con il ricettatore Redfoot (Peter Greene) e dell’offerta ricevuta dall’avvocato Kobayashi (Pete Postlethwaite). È qui che spunta il nome misterioso di Keyser Söze, attorno al quale si concentreranno tutte le attenzioni dell’agente Kujan e dei suoi colleghi Jack Baer (Giancarlo Esposito) e Jeffrey Rabin (Dan Hedaya), i quali fino alla fine del film saranno vittime dell’abile manipolazione di Verbal, che distoglierà l’attenzione da se stesso grazie alla domanda che “imbambolerà” letteralmente i poliziotti: “Chi è Keyser Söze?”. |


C’è un termine preciso al quale fare riferimento quando un film riesce a rapire, a confondere e a lasciare di stucco lo spettatore; anzi, in questo specifico caso, più termini: il direttore d’orchestra (Bryan Singer), la mente (Christopher McQuarrie) e il mago (Kevin Spacey). Dopodiché, l’intreccio e la bravura degli altri interpreti fanno il resto.

Il regista Bryan Singer dipinge abilmente un’intricata vicenda caratterizzata da criminali, poliziotti, furti, esplosioni, assassini ed un finale mozzafiato che lascia a bocca aperta. Il tocco del regista è in perfetta simbiosi con la storia: sono presenti le scene d’azione, ma manca la pomposità tipica di Hollywood, con azioni drammatiche inverosimili, piene di effetti speciali e scene spettacolari. Singer sa come trattare la materia, e proprio per questo sa che per svelare il grande enigma dell’intera trama sono sufficienti semplici ed efficaci stratagemmi, quali l’inganno, la suspense, gli intrecci, e un gruppo di attori ancora “semisconosciuti” ma pronti per il successo internazionale.

Così come nel suo primo film, Public Access (1993), Singer collabora con il suo amico sceneggiatore Christopher McQuarrie, il quale riprende una delle sue sceneggiature non ancora pubblicate, quella in cui narra la storia di un uomo che uccide la propria famiglia e che poi scompare; la bozza di questa scrittura riceve la spinta necessaria per la creazione della trama grazie all’idea di Singer riguardo sia il titolo del film, sia la presenza di altri 5 personaggi che sono già immaginati dal regista come criminali che si trovano in linea di fronte alla macchina fotografica dell’ufficio “schedati” della polizia (idea che verrà utilizzata per la locandina del film).

McQuarrie scrive varie versioni dello script in cinque mesi, fin quando la sceneggiatura non viene revisionata dal regista e inviata all’attore Kevin Spacey, sul quale McQuarrie aveva proprio basato la figura del personaggio di Verbal Kint. Ed è proprio su Spacey che Bryan Singer punta come elemento cardine del cast, attorno al quale svolgere l’intera vicenda che fin dall’inizio si rivelò abbastanza complicata da realizzare. Kevin Spacey coinvolgerà nel film anche Gabriel Byrne e Benicio Del Toro, i quali rimangono affascinati dalla sceneggiatura.

Per il ruolo di David Kujan, Singer ha sempre avuto in mente Chazz Palminteri prima ancora che Christopher Walken e Robert De Niro rinunciassero al progetto. Alla fine, Palminteri (reduce dalle riprese di Bronx, diretto dallo stesso De Niro) accettò ritagliandosi soltanto una settimana disponibile per girare le uniche scene del film in cui compare con Kevin Spacey nella stazione di polizia, scene che furono girate per prime. Le riprese durarono soli 35 giorni utilizzando varie location di Los Angeles, San Pedro e New York. Per il film intero venne impiegato un budget di circa 6 milioni di dollari.

Gli attori sono stati pienamente coinvolti nella realizzazione dei loro personaggi, come dirà lo stesso Bryan Singer a proposito del casting: “Il trucco sta nel reclutare degli attori non per quello che sono, ma per ciò che tu immagini possano diventare.” Tutto il gruppo si trovò ad esercitarsi sulle battute attraverso delle improvvisazioni durante le prove (per assimilare meglio il copione). Secondo le interviste rilasciate da Gabriel Byrne, gli attori si abituarono abbastanza rapidamente all’idea di lavorare insieme come fossero una vera banda di criminali, e gli episodi di ilarità durante le riprese non mancarono, tanto che alcune scene dovettero essere ripetute più volte a causa delle continue risate.

Una vera nota di merito va assegnata a tutti gli attori protagonisti, con il sempre “elegante” Byrne che conduce il gioco, lo straordinario Benicio Del Toro (al suo primo vero ruolo), lo schizofrenico Stephen Baldwin, fino ad arrivare all’incredibile Kevin Spacey che interpreta uno dei suoi ruoli più difficili e particolari. Prima delle riprese, incontra dei dottori ed esperti sulla paralisi celebrale per capire come meglio calarsi nel ruolo di Verbal Kint. Insieme al regista sceglie così di paralizzare il lato sinistro del corpo, padroneggiando perfettamente il finto handicap per tutta la durata del film; il tutto unito al suo inimitabile sguardo quasi assente, come fosse sempre fra le nuvole. Ma il suo personaggio sarà tutt’altro che stupido come può sembrare in apparenza, dal momento che si rivelerà la vera mente dell’intera storia.

Il film viene presentato fuori concorso nel 1995 al 48° Festival di Cannes. Oltre all’incredibile successo di critica e di pubblico che farà dei “soliti sospetti” delle vere e proprie star, il film riceve due importanti riconoscimenti: l’Oscar alla migliore sceneggiatura originale per Christopher McQuarrie, e il meritatissimo Oscar al migliore attore non protagonista per Kevin Spacey, che raggiunge così il suo primo apice della carriera, superato nel 2000 dall’Oscar al migliore attore protagonista per l’altra sua incredibile performance in American Beauty di Sam Mendes. Grazie al successo del film, Bryan Singer raggiunge la notorietà come regista affermato e si imbatterà così in altri importanti capitoli del cinema moderno (X-Men, X-Men 2, Superman Returns e Operazione Valchiria).


di ANTONINO BONOMO


Scheda film

THE USUAL SUSPECTS, 1995

Regia: Bryan Singer
Paese
: Stati Uniti
Genere: thriller, giallo
Soggetto: Christopher McQuarrie
Sceneggiatura: Christopher McQuarrie
Fotografia
: Newton Thomas Sigel
Musiche: John Ottman


Interpreti e personaggi

Gabriel Byrne - Dean Keaton
Kevin Spacey - Verbal Kint
Chazz Plaminteri - David Kujan
Kevin Pollack - Todd Hockney
Pete Postlethwaite - Kobayashi
Stephen Baldwin - Ray McManus
Benicio Del Toro - Fenster
Peter Greene - Redfoot
Suzy Amis - Edie Finneran
Dan Hedaya - Jeffrey Rabin
Giancarlo Esposito - Jack Baer


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