4 novembre 2009

Recensione: Dragontown - Alice Cooper

Disperato, insaziabile e moderno. Alice Cooper nel 2001 ha dato vita ad uno degli album più "completi" ed oscuri della sua carriera. Dragontown non può di certo lasciare impassibili i fan del vero principe delle tenebre: un rock imbevuto di puro industrial e cori angelicodemoniaci che porta l'ascoltatore all'inferno senza certezza di un possibile ritorno. Come Virgilio accompagna Dante nei gironi infernali, Alice Cooper ci trascina in un contesto metropolitano, malato e sempre più buio. Fra i brani più rappresentativi di sicuro spiccano Deeper e Death, Sex and Money ma questo Dragontown è uno dei tanti album di Alice da ascoltare stringendo i denti, tutto d'un fiato.
Da considerare idealmente come il terzo capitolo della trilogia iniziata con The last temptation e proseguita con Brutal planet, Dragontown è certamente il più cupo e introspettivo fra gli album del periodo post hair-metal.
Curatissimo nel sound e nella composi
zione è da porre fra le migliori opere heavy del produttore esecutivo Bob Ezrin. A distanza di circa otto anni dalla sua uscita, il disco non perde un briciolo di credibilità, anzi, mette in evidenza ancora una volta la capacità da parte di Mr. Furnier sia di innovare che di lanciare stili e linguaggi come fosse la cosa più semplice del mondo. L'album inoltre sente delle sonorità "suggerite" da Bob Marlette, uno dei produttori più conosciuti dell'ambiente del rock duro. Ha già infatti lavorato per Ozzy Osbourne, Toni Iommi e Glenn Hughes. Marlette nell'album è impegnato alla chitarra, alle tastiere e al basso e il suo tocco di rock ultramoderno permette di accostare l'album a lavori come Fused di Iommi e Hughes e al precedente Brutal planet del 2000.

I chitarristi Ryan Roxie e Wayne Swinny straziano e devastano con le loro affilate asce a sei corde, ovviamente per portare a compimento l'ennesima opera di commistione fra melodia e potenza voluta dai produttori. Il nu-metal di oggi forse non ha molto altro da aggiungere in termini di qualità, ma di sicuro in Dragontown il suono ipnotizzante e i riff ultra pesanti tendono di più ad avvicinarsi al cosiddetto stoner rock. Un album solo per appassionati, per gli amanti del brivido e della poetica di Alice.

di Francesco Giacalone

TRACK LIST:

01) TRIGGERMAN
02) DEEPER
03) DRAGONTOWN
04) SEX, DEATH AND MONEY
05) FANTASY MAN
06) SOMEWHERE IN THE JUNGLE
07) DISGRACELAND
08) SISTER SARA

09) EVERY WOMAN HAS A NAME
10) I JUST WANNA BE GOD
11) IT’ S MUCH TOO LATE
12) THE SENTINEL



2 commenti:

  1. Ciao a tutti,
    sono pienamente daccordo con la giustissima descrizione fatta da Francesco Giacalone a proposito dell'Album (con la maiuscola) del grande Alice.
    Devo dire che sicuramente questo lavoro rappresenta lo zoccolo duro sul quale Cooper fonda tutta la successiva discografia che lo porta ad arrivare ai giorni nostri. Non si può comprendere totalmente il significato ed il filo logico-emozionale di quest'album se non lo si ascolta nel contesto per il quale è stato creato: il caos dell'ambiente metropolitano, la velocità della gente che ci vive dentro ed il problema dell'alienamento totale di chi si sottrae a questo meccanismo di vita e rinuncia a tutto(tema al quale l'artista darà un'ennesima risposta conclusiva con l'album Along came a Spider). In fondo tutto questo è rilevabile dalle ritmiche della stessa batteria : rallentata, dal sound pesante, decadente, martellante fino al completo rapimento dell'ascoltatore catapultato nella teatralità (ma con il grosso carattere di realtà) dello spazio-tempo cooperiano.
    Aggiungo in fine una critica aggiuntiva dicendo che solo quelle due canzoni di cui si è fatta mensione nella recensione non bastano a descrivere l'essenza dell'album.
    Io aggiungo: Somewhere in the Jungle (decadenza totale), I just wanna be good , Triggerman (pezzo di apertura del disco ed ingresso iperdinamico nel tunnel che porta alla città del caos) ed in fine la grandissima ballata It's much too late (tappa obbligatoria dell'album). Ciao e un grazie al mitico Furnier...

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  2. Grazie Tony per la tua recensione, hai comunque ragioni quando dici che It's much too late non è da trascurare. Grande pezzo, grandi emozioni. Questo brano spezza l'atmosfera decadente di cui è impregnato l'album...ciao
    Francesco Giacalone

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