25 ottobre 2009

Recensione: Pat Metheny Trio - Rejoicing

Sono molte le formazioni jazzistiche che hanno lasciato il segno, e che ancora oggi vengono apprezzate e idolatrate sia dai “veterani” appassionati di jazz, sia dai giovani che riscoprono il fascino di un linguaggio musicale intramontabile che porta gli strumenti e le melodie al di là di ogni singola nota, raggiungendo quella sorta di “ignoto” che colpisce e incanta.

A conti fatti, la musica è tutt’una, indistinguibile. Ogni genere e ogni artista trasmette delle emozioni totalmente individuali, con i rispettivi “effetti collaterali” che non possono essere “spiegati” o “tradotti” se non da colui che li percepisce. Si può etichettare la musica, distinguendola per generi; ma quando, come nel caso del jazz, ci ritroviamo davanti a centinaia e centinaia di eccellenti artisti con altrettante splendide “opere d’arte”, non esistono termini di paragone, non esistono confronti, non esistono “duelli”. Rimane solo una cosa da fare: ascoltare e godersi uno dei tanti viaggi che abbiamo scelto di intraprendere.

Quello in questione, è un viaggio attraverso la più semplice ed essenziale formazione jazz: il Trio. Anche in questo caso, le possibili combinazioni dei vari strumenti sono molte; ma possiamo provare a restringere il campo considerando il trio composto da chitarra, basso e batteria. Se poi nella nostra ricerca inseriamo alcuni tag con i nomi di Pat Metheny, Charlie Haden e Billy Higgins, allora ecco che abbiamo raggiunto la nostra meta: Rejoicing.

È tutto nato da un concerto che feci in California con Charlie e Billy; venne fuori così l’idea di continuare a suonare insieme. Mi bastarono quattro battute per capire che avrei dovuto registrare con loro. Suonare standard è la cosa che faccio meglio, era quindi logico fare qualcosa anche su disco. [Pat Metheny]

Oltre a questi tre pionieri del jazz, un altro nome va menzionato nel ripercorrere la storia di quest’album, quello di Ornette Coleman. Compositore e sassofonista, inventore dell’armolodia, Coleman è considerato uno dei maggiori innovatori del movimento free jazz degli anni ’60, nonché modello e fonte di ispirazione per tutta una generazione di musicisti jazz dagli anni ’70 in poi. I tre musicisti dell’album, Metheny in particolare, compaiono fra coloro che più di tutti hanno assorbito le influenze della musica di Coleman, dimostrandolo proprio con Rejoicing.

Con queste registrazioni e con i concerti che ne derivano, nasce il primo Pat Metheny Trio, che nel corso degli anni, fino ad oggi, vedrà alternarsi al fianco di Metheny diversi musicisti (Dave Holland, Roy Haynes, Larry Grenadier, Bill Stewart, Christian McBride e Antonio Sanchez). In realtà, il primo vero Trio con il quale Pat collaborò fu quello con il quale registrò il suo straordinario album di debutto, Bright Size Life, nel 1975, affiancato dal suo grande amico Jaco Pastorius al basso e Bob Moses alla batteria. Ma l’album venne pubblicato a nome del solo Metheny, per cui Rejoicing è la prima vera produzione del Pat Metheny Trio.

Billy Higgins, soprannominato “Smilin’ Billy”, è considerato fra i grandi della batteria jazz. Il suo personalissimo stile si basa su un raffinatissimo lavoro ai piatti e un’insuperabile abilità con le spazzole, caratteristiche che ha saputo egregiamente trasferire nel free jazz e nell’hard bop; si è inoltre cimentato in alcune registrazioni in stile funk e rock durante gli anni ‘80.

Billy è uno dei più grandi esecutori con i quali io abbia mai suonato; è una persona molto aperta e puoi sentire quanto ami suonare. Sa creare un continuo happening con il pubblico. [Pat Metheny]

Scomparso nel 2001, oltre ad una decina di lavori discografici da solista, Higgins ha collaborato con tutti i grandi jazzisti della sua generazione: Thelonius Monk, John Coltrane, Sonny Rollins, Dexter Gordon, Art Pepper, Jackie McLean, Joe Henderson, senza dimenticare la sua presenza (appena ventiduenne) nel leggendario quartetto di Ornette Coleman nel 1958, quartetto nel quale troviamo al contrabbasso proprio Charlie Haden.

Haden rappresenta una vera e propria colonna portante del jazz moderno; contrabbassista dotato di straordinaria preparazione musicale, cresciuto in una famiglia di musicisti, cominciò a suonare a livello professionale verso la fine degli anni ’50, quando entra a far parte del quartetto di Ornette Coleman. Successivamente formerà la celebre Liberation Music Orchestra, e collaborerà con il pianista Keith Jarrett, il batterista Paul Motian, il sassofonista Michael Brecker, fino al sodalizio con Pat Metheny iniziato proprio con Rejoicing, e che condurrà alla realizzazione di un altro splendido album nel 1996, Beyond The Missouri Sky, registrato in duo con il chitarrista.

Ho sempre ammirato la visione musicale di Pat. È un innovatore del suono, nella composizione e nell’improvvisazione. Ha il raro dono che gli consente di comunicare le armonie e le melodie a tutti i tipi d’ascoltatori, mantenendo inalterato quel tipo di profondità e bellezza, tipico della migliore musica improvvisata. [Charlie Haden]

Troppo vasta e affascinante appare la biografia di Patrick Bruce Metheny per poter essere anche soltanto accennata. Dopo l’esperienza dell’insegnamento al Berklee College of Music di Boston (a soli 19 anni, Pat insegnerà improvvisazione in un corso dal quale usciranno alcuni chitarristi del calibro di Al Di Meola, Chuck Loeb e Mike Stern), ruolo ottenuto grazie al celebre vibrafonista Gary Burton che per primo ne scopre le straordinarie e precoci qualità, Pat passerà attraverso esperienze professionali che lo porteranno al fianco di Paul Bley, di Jaco Pastorius e dello stesso Burton.

Dopo i primi due album da solista, nel 1978 fonderà l’ormai leggendario Pat Metheny Group, uno dei rari esempi di formazione jazz capace di raggiungere il grande pubblico, senza tuttavia cedere a tentazioni squisitamente commerciali. Il gruppo ha sviluppato negli anni uno stile decisamente riconoscibile, fatto di dense orchestrazioni spesso unite allo stile classico e molto ibridato dalla world music, traendo soprattutto spunto dalla musica sudamericana.

Il primo vero Pat Metheny Trio, composto da Metheny, Haden e Higgins, esordisce nel corso di un piccolo tour allestito per preparare il repertorio da inserire successivamente nel disco. Le registrazioni dell’album vennero effettuate in due giorni in sole due session di sei ore, il 29 e 30 novembre 1983, agli studi Power Station di New York. Vengono scelti alcuni standard come “Lonely woman” del compositore Horace Silver e “Rejoicing” di Coleman, che darà il titolo al disco.
Fra gli inediti compaiono “Blues for Pat” composta da Charlie Haden e dedicata al suo grande amico chitarrista, assieme al quale compone anche “Waiting for an answer”. Metheny comporrà per l’album “Story from a stranger” e “The Calling”.

La cosa che rispetto in particolare in Pat è il suo intuito, inoltre non guarda al successo come a una cosa che le persone devono a lui. Penso sia veramente sorprendente scoprire una persona così, che non si preoccupa di avere successo, bensì di riuscire in ciò che lui crede. Egli ha il mio più alto rispetto sia come artista sia come essere umano. [Ornette Coleman]

Oltre a “Rejoicing”, caratterizzata dall’entusiasmante solo pirotecnico di Pat, il trio si trova perfettamente a proprio agio con altre due composizioni di Coleman: “Tears inside”, dove il bravissimo Higgins conduce un lavoro egregio ai piatti (che fa da sfondo alla fantastica apertura da brividi del riff “felpato” della Gibson ES 175 di Pat), e la cavalcante “Humpty dumpty”, dove Metheny mostra il suo inimitabile tocco e la sua completa padronanza nell’improvvisazione.
Da incorniciare anche il trascinante clima “rilassato” di “Blues for Pat”, dove Haden scandisce magistralmente il ritmo mentre Metheny alterna il solo jazz con le note fuori tonalità.
“The Calling” e “Story from a stranger” rientrano in un capitolo a parte nella carriera di Pat Metheny che ha inizio proprio durante questo periodo: la chitarra synth.

Poco prima di intraprendere il tour con Haden e Higgins, Pat porterà a termine la collaborazione con l’ingegnere Cal Gold nella creazione della chitarra-sintetizzatore Roland 303 con interfaccia Synclavier. Oltre ad essere stato uno dei pionieri della synth, Metheny ne ha anche intuito le potenzialità prima di qualunque altro chitarrista e con la sua sperimentazione ha permesso a tanti altri colleghi di utilizzare la Synclavier guitar nella sua forma più evoluta.
Pat utilizzerà per la prima volta con risultati soddisfacenti la Synclavier proprio in quest’album, e da quel momento, la sua inimitabile padronanza della synth produrrà un sound onnipresente in quasi tutte le sue produzioni, soprattutto in quelle intraprese con il Pat Metheny Group.

In questo disco debutta anche un altro importante strumento: in “Lonely woman”, Pat suona una chitarra acustica 6 corde costruita per lui dalla canadese Linda Manzer, una vera artista della liuteria, che da quel momento rivestirà un ruolo fondamentale nella carriera di Metheny. Costruirà, infatti, altri modelli di chitarre acustiche, classiche ed elettriche, progettate in stretta collaborazione con lo stesso Metheny. Sarà proprio Linda Manzer che materializzerà gli strumenti grazie ai quali Pat potrà continuare a sperimentare con le sue strane accordature e con la ricerca di suoni sempre innovativi e mai sentiti.

Quello che più mi stupisce di Pat è la sua dedizione, ha sempre la chitarra in mano, in qualsiasi posto si trovi. È una delle poche persone che sappia suonare i pezzi di Ornette; suonare armolodicamente comporta, infatti, un differente approccio, e Pat questo lo sta facendo da diverso tempo. Suonare con lui è stato per me sempre divertente, anche perché è sempre molto umano, veramente una bella persona. [Billy Higgins]

Nonostante la splendida collaborazione con due colossi del jazz, Metheny non sarà del tutto soddisfatto della qualità del disco, a causa di alcuni missaggi non riusciti. Lo stesso Pat vorrebbe aver avuto il tempo di correggere alcune imperfezioni, ma l’etichetta ECM non concesse alcun “ritocco”, imponendo al chitarrista e ai suoi colleghi i soliti tempi ristretti per terminare la produzione dell’album.
Sarà anche questa una delle cause che porteranno l’esigentissimo Pat ad abbandonare la celebre etichetta che, soprattutto negli anni ’70, ha svolto un ruolo di tutto rispetto nei confronti del jazz moderno.

Considerazioni tecniche a parte, il primo lavoro discografico del Pat Metenhy Trio, oltre che dal punto di vista musicale, ricopre un ruolo storico fondamentale: molti fan del Pat Metheny Group, così come gli appassionati del jazz più tradizionale, impararono a conoscere i grandi maestri del jazz e a riscoprire tutta una tradizione jazzistica interpretata magistralmente da Metheny, Haden e Higgins.

Terminato l’album, dopo soli pochi giorni di riposo, Metheny tornerà negli studi Power Station di New York per dar vita a quello che viene considerato uno dei migliori album del Pat Metheny Group, nonché un capitolo importantissimo e decisivo nella storia del jazz contemporaneo: First Circle.

Il 19 aprile 1984 ha inizio il tour nord-americano di 22 date del Pat Metheny Trio che farà tappa a Buffalo, Toronto, Boston, Washington, Chicago, per terminare al Village Vanguard di New York con sei entusiasmanti show. È proprio durante uno di questi ultimi concerti che il trio riceve la visita del loro mentore, Ornette Coleman, con il quale Metheny e Haden collaboreranno un anno più tardi per la realizzazione dell’album Song X.

Pat possiede la qualità di mettere insieme ottime band; la sua musica raggiunge molte persone e ciò è molto importante. Lo rispetto molto come musicista ed è anche un buon amico. [Dave Holland]


di ANTONINO BONOMO


Tracklist

Pat Metheny w/Charlie Haden & Billy Higgins
REJOICING
(ECM 1271, marzo 1984)
  1. Lonely Woman (Horace Silver)
  2. Tears Inside (Ornette Coleman)
  3. Humpty Dumpty (Ornette Coleman)
  4. Blues for Pat (Charlie Haden)
  5. Rejoicing (Ornette Coleman)
  6. Story from a Stranger (Pat Metheny)
  7. The Calling (Pat Metheny)
  8. Waiting for an Answer (Metheny-Haden)




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