Per comprendere con maggiore chiarezza l'attualissimo fenomeno delle reunion dei grandi gruppi del passato e scoprire gli aspetti economici che muovono il settore degli eventi “dal vivo”, abbiamo intervistato Massimo Scialò, amministratore delegato della società francese Scl Initiatives France che si occupa di comunicazione, produzione audiovideo e realizzazione di concerti ed eventi. Nel 2003, grazie ad anni. di esperienza, ha pubblicato il testo "I segreti del Rock", nel quale vengono analizzati i diversi elementi che fanno capo alle grandi produzioni musicali: le major, i concerti, l’immagine degli artisti, il marketing e la pubblicità. Rispondendo ad
alcune domande riguardanti il mercato discografico, la rivalutazione delle icone rock del passato e gli investimenti sui tour, Scialò ci ha rivelato nuovi particolari ed offerto alcune considerazioni personali.
All’interno del testo I segreti del rock si parla di una situazione di stallo, riguardo la capacità di attrazione da parte delle rockstar. Oggi con le reunion di band molto influenti del panorama del rock, questa situazione non le sembra essere mutata?
Non è proprio così; in realtà questi personaggi, queste rockstar, rappresentavano in passato un way of life, nel senso che eranoun punto di riferimento che andava ben oltre l’evento, il concerto e persino ben oltre i brani che suonavano; erano degli opinion leader, seppur talvolta un po’ criptici. In occasione delle reunion, questo elemento non riviene fuori, nel senso che nessuno considera una reunion di una band importante come una occasione per rinverdire i fasti di un “atteggiamento” legato agli anni sessanta o settanta, ma esclusivamente come una occasione di entertainment. Rileviamo per questi eventi un tipo di pubblico che passa da vedere “Mamma mia”, il musical con i pezzi degli Abba, alla reunion di band come i Genesis, con lo stesso spirito, legato a nessun particolare rapporto con la star se non con un interesse per il brand che la star stessa rappresenta. Se i tre membri dei Police avessero optato, nel loro ultimo tour, per un altro nome da dare alla band, avrebbero avuto dei risultati infinitamente minori; questi personaggi non rappresentano niente di più che la cover band di se stessi. Quello che conta è il brand. Le discussioni su chi detiene il nome o il marchio hanno diviso tantissimi gruppi e queste problematiche sono sorte perché gli stessi artisti si rendono conto di tale realtà. E’ vero che c’è un grande successo dei reunion-tour, ma è vero che questo non rappresenta la rigenerazione dell’essenza della rockstar come punto di riferimento. Ad esempio nel 1968 un musicista a secondo di quello che diceva, come si vestiva, quali erano le sue dichiarazioni sul Vietnam o su altre questioni politiche e sociali, finiva per incidere in maniera ampia, se non profonda,
sulla società. Oggi come oggi questa è un capacità assolutamente assente.
Nel testo, viene messa in evidenza la crisi del mercato legato al genere rock fra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta. I critici parlavano di appannamento artistico o di declino; Lei spiega invece che si trattava innanzitutto della volontà, da parte dei discografici, di promuovere figure nuove per lo star system. Oggi perché si sceglie di organizzare dei tour, puntando nuovamente sulle “vecchie” rockstar?
E’ importante sottolineare che fra gli anni settanta e gli anni ottanta, non sono stati affatto gli artisti a non avere più un appeal, c’è stato un cambiamento da parte degli utenti, cioè, in
questo periodo storico è cambiata la società, ed alcuni artisti che avevano intercettato talvolta inconsapevolmente le esigenze del pubblico, rappresentandole, continuavano a farlo ma senza intercettarne delle nuove: nel frattempo la gente era interessata ad altre tematiche. Possiamo dire che il rock è morto con Thriller di Michael Jackson. Un disco che ha venduto centoquattro milioni di copie, ma che si “indossava” come una maglietta qualsiasi, non avendo nessuna particolare essenza; non era The Dark side of the Moon dei Pink Floyd. Oggi le reunion valgono come i remake dei grandi film degli anni sessanta e settanta. E’ cinico affermarlo ma l’elemento
commerciale è assolutamente alla base di queste operazioni. Non si tratta di un’esigenza artistica, personale o di vita ma di una situazione pianificata a tavolino. Ricordiamoci che stiamo parlando di signori che hanno superato i cinquant’anni, i quali gestiscono questo bussines in maniera molto lucida, diventando dei manager. Ad esempio David Bowie, si è riappropriato delle vecchie edizioni dei suoi lavori, ha creato una società di gestione con esclusiva anche sui suoi album futuri, e l’ha quotata in borsa, promuovendo la società attraverso canali non “istituzionali” per la borsa. Bowie è riuscito a vendere circa il sessanta per cento delle quote, per un realtà che al tempo aveva un valore nominale intorno agli ottanta milioni di sterline e che nel giro di un anno ha venduto a quasi seicento milioni, con una operazione di finanza creativa e di investimento assolutamente geniale. E’ evidente che le sue priorità non sono più legate esclusivamente al lato artistico. Bowie ha comunque prodotto degli ottimi album anche dopo la creazione di questa società finanziaria, con una gestione più matura ma, sevogliamo, anche più cinica. Al di là di tutto ciò c’è comunque un elemento fondamentale: il costo dei biglietti dei concerti. Negli Stati Uniti, il costo dei ticket per assistere ad una esibizione di Avril Lavigne o dei Green Day è molto inferiore rispetto a quello dei Genesis o deiPolice. John Innamorato, uno dei responsabili dell’area East Coast di Live Nation, (società americana di organizzazione di eventi dal vivo) poco tempo fa mi ha “passato” delle informazioni interessanti sull’argomento. Se la Live Nation organizza un grande concerto di Avril Lavigne, è obbligata a definire un costo per i biglietti con un range che va dai venticinque ai quarantacinque dollari perché il pubblico è molto giovane o perché è accompagnato dai genitori che ovviamente non possono farsi carico di cifre ingenti. Per quanto riguarda i concerti di un band come i Police in una location di rilievo come il Madison Square Garden di New York i prezzi dei biglietti risultano molto elevati ma soprattutto sono disponibili anche alcuni posti nella tribuna d’onore con un costo di circa duemila e cinquecento dollari. Tutto questo è possibile perché nel frattempo il pubblico che segue queste band ha raggiunto una fascia d’età tale da avere una certa stabilità economica. Ho anche assistito a Washington ad un concerto della pop-star Cindy Lauper che contrariamente a ciò faceva negli anni ottanta, si esibisce in club da appena mille posti ma con il prezzo di un singolo biglietto che arriva a settanta dollari. In tal modo l’artista e gli organizzatori incassano molto di più rispetto ai momenti di maggiore successo e visibilità. Oggi al pubblico dei quarantenni è più difficile imporre un cantante nuovo poiché generalmente ascoltano poca musica e con meno attenzione che in passato, preferendo assistere ad una esibizione che tocca da vicino i loro gusti musicali. Oggi, in un certo senso, possiamo accostare il rock alla musica classica. C’è stata una stagione in cui gli artisti principali di questo genere si sono espressi ai massimi livelli, dopo, nel corso degli decenni si sono susseguiti dei
grandi interpreti che hanno portato avanti e reso ancor più celebri artisti come Mozart o Beehtoven. E’ normale assistere ad un concerto di musica classica diretto da Riccardo Muti poiché questo è l’unico modo in cui essa può essere “fruita”. Lo stesso ragionamento possiamo riferirlo all’epoca d’oro del rock e alle varie tribute band che oggi spopolano nei club di tutto il mondo. Inoltre, possiamo dire che le reunion non nascono per una rinnovata creatività artistica poiché il pubblico non vuol ascoltare il nuovo materiale ma solamente i grandi
successi del passato.
La sostanziale debolezza economica delle etichette discografiche porta gli sponsor a rivestire un ruolo principale nella organizzazione di un evento live. In base alla rock-band che si esibisce sul palco come cambiano le scelte di investimento?
Gli sponsor investono sulla base della visibilità che possono ottenere, dunque, sponsorizzare un concerto dei Rolling Stones ha comunque e in tutti i casi un valore maggiore rispetto ad un
evento di minore rilievo. C’è da dire, inoltre, che molti di questi gruppi sono effettivamente dei brand, con una collocazione specifica. Alcuni sono vendibili, altri fanno più fatica a causa del fatto che sono definiti in target. Se oggi ritornasse sulla scena Bob Marley, una certa serie di sponsor
non sarebbe disposta a sostenere l’evento poiché l’immagine generale non andrebbe nella direzione da loro auspicata in riferimento al prodotto. Ci deve essere necessariamente un
legame fra l’immagine dell’artista e quella del prodotto, una compatibilità di due brand. Un gruppo come i Rolling Stones ha da sempre incarnato l’esatto cross-over fra un certo livello di bohemien e un certo tipo di conservatorismo e per questo motivo sono perfetti per le sponsorizzazioni. Gli Stones sono la quint’essenza del brand cioè della musica concepita come un
elemento di mercato. Loro mettono in primo piano le esigenze di chi ha pagato il biglietto. Oggi, comunque, persino un gruppo come i Sex Pistols sarebbe sicuramente sponsorizzato da una compagnia telefonica. Alle aziende interessa poco, di per sé, il lato artistico, interessa molto di più l’esposizione. Un tour degli Stones o dei Police garantisce dei risultati importanti sia per l’elevato numero dei partecipanti che per la garanzia di visibilità sui maggiori media.
di Francesco Giacalone
ma dove lo hai beccato????
RispondiEliminainteressante il primo punto! Anche se per me sai benissimo che la musica è musica, non m'interessa quello che la rockstar rappresenta al di fuori della musica, o almeno non oltre un leggerissimo fascino, e nemmeno catalizzo la mia attenzione su quello che lui definisce il brand! "Avessi sparato a qualcuno per vedermi Roger Waters a Palermo anche se il nome Pink Floyd si l'avia scurdato a la casa!"
RispondiEliminaIl resto conferma la tristezza del mercato musicale degli ultimi decenni